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Il militante manicheo
Sul romanzo “il Cavallo Rosso” di Eugenio Corti
Umberto De Pace


“La disinvoltura con cui l'autore traccia il confine tra il bene e il male in una visione manichea degli avvenimenti, porta inevitabilmente a uno schierasi delle coscienze e delle conoscenze, che si addice più a un saggio che a un romanzo, pur storico che esso sia. … la sua è una crociata contro l'Anticristo, individuato per lo più nel comunismo e in seconda battuta nella modernità.” – così accennavo nella mia lettera, riporto quindi qui di seguito alcuni stralci del romanzo, che a mio avviso, sono rappresentativi in tal senso. Che il romanzo possa e debba essere valutato solo a seguito della sua lettura completa mi pare ovvio e scontato, per cui ciò che segue va preso solamente quale riferimento per la mia personale valutazione dell'opera. Gli stralci qui riportati si collocano nel periodo storico post-conflitto dagli anni '50 fino al 1974 (edizione ARES marzo 2001 pag. 1274).

da pag. 1155-56 (La famiglia Riva – industriali di estrazione operaia – è la principale protagonista del romanzo, Gerardo è il capofamiglia. Nella veste autobiografica dell'opera, rappresenta in realtà la famiglia dell'autore, anche se egli si identifica più che altro nella figura di Michele Tintori, grande amico di Ambrogio, figlio maggiore dei Riva, entrambi reduci dalla campagna di Russia).


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In effetti questo mezzo nuovissimo, la televisione, che aveva cominciato a diffondersi in Italia nel 1953, col passare degli anni andava dimostrandosi sempre più influenzato dai marxisti e pro' marxisti. Per non scontentare i quali, i cristiani pur presenti nell'ente, da tempo ormai non facevano più il discorso loro proprio, limitandosi a un discorso di compromesso che gradualmente si andava per così dire istituzionalizzando. (Con viva preoccupazione dello scrittore Michele Tintori, il quale afferrava bene l'enorme influsso del nuovo mezzo sul pubblico: « Ha più effetto dei giornali e di tutta quanta la stampa nel suo insieme » asseriva: « Finirà per forza con l'influenzare le generazioni che vengono su. Alle quali è gravissimo che non venga proposto - come sarebbe giusto aspettarsi - il modello italiano che s'è dimostrato più valido alla prova della guerra: quello alpino per intenderci, o se vogliamo quello popolare cristiano. La televisione invece, lo vedete, finisce col proporre di continuo, almeno implicitamente, il modello del progressista, del rivoluzionario potenziale, e al più, durante le trasmissioni di svago, sottopone agli spettatori quello romanesco dello scroccone, che è uno dei nostri modelli umani peggiori. Ci fate caso che il linguaggio 'disimpegnato' in Italia sta diventando sempre più romanesco? »).
Fino allora, nonostante le messe in guardia di Michele, i Riva presi com'erano dalla lotta per la sopravvivenza, non avevano avuto il tempo di rendersene conto. E adesso che - usciti dall'incubo della crisi, affiorati finalmente dal pozzo buio - cominciavano a guardarsi intorno, non lo afferravano bene. Vedevano il tenore di vita degli italiani sensibilmente migliorato proprio grazie all'espansione delle industrie, mentre la minaccia rossa non accennava per questo a diminuire, anzi. È che la presenza nel corpo della nazione di un così enorme ed organizzato partito comunista s'andava inevitabilmente facendo sempre più sentire. Tale era l'impegno dei suoi adepti, che l'ideologia marxista era riuscita a non perdere il proprio fascino neppure dopo il rovesciamento del 'culto' di Stalin nel 56, e le connesse sconvolgenti rivelazioni fatte dagli stessi capi russi sulle smisurate stragi susseguitesi in quel paese. Il compito d'approfondire, di diffondere, di far debitamente recepire quelle notizie, sarebbe spettato sopratutto ai cristiani operanti alla televisione, ma costoro, tenuti in permanenza sotto il ricatto della qualifica di fascisti dal potentissimo apparato politico-culturale comunista, e insieme sollecitati senza posa a dar prova d'essere antifascisti come al tempo mitico della 'Resistenza', concludevano – per quieto vivere - col non lasciar trascorrere si può dire giorno senza richiamare - monotoni come burattini - l'attenzione generale sui passati crimini nazisti e fascisti. In tal modo - com'era nell'intendimento dei burattinai - l'attenzione generale finiva con l'essere puntualmente stornata dagli ancor più colossali crimini comunisti. L'orrore sempre rinnovato per l'indubbiamente nefando sterminio di sei milioni d'ebrei (ad opera dei nazisti, da anni ormai scomparsi dalla scena) aveva conseguito lo scopo d'annebbiare le rivelazioni sullo sterminio di circa venti milioni di contadini piccoli proprietari ad opera dei comunisti. E riusciva giorno dopo giorno ad occultare i massacri - ancora più sterminati di quelli russi - che in quel tempo si susseguivano in Cina. Va inoltre detto che gli intellettuali 'laici' (i quali, pur non essendo comunisti, finiscono anch'essi col porre come obiettivo dell'uomo la sua felicità sulla terra) col passare del tempo andavano in numero crescente scoprendo la propria affinità ideale coi comunisti. Meglio ancora: s'andavano rendendo conto che, per il fatto d'essere i più a sinistra fra tutti i materialisti, i comunisti erano anche - almeno nelle intenzioni - i più coerenti. Ciò andava condizionando in modo crescente il campo laico, e incideva in particolare sui giornali, i quali da sempre sono in Italia in mano ai laici.
In un simile contesto continuavano - sempre più isolati per il mancato sostegno dei mezzi della comunicazione sociale - i tenaci, mirabili insegnamenti di papa Pio XII, che durarono fino al giorno
della sua morte. Perciò i marxisti e i laicisti d'ogni tipo si scagliavano ormai sopratutto contro di .lui. Così anche il Vangelo continuava: il tempo degli osanna al papa era finito da un pezzo, ed era sopravenuto quello dei ''crucifige!', in una marea di vociferazioni e di calunnie crescenti e sempre più insensate, di fronte alle quali i suoi finirono col lasciarlo talmente solo che una sera, mentr'egli giaceva malato e pieno di sconforto, Cristo gli apparve per confortarlo. (In relazione a questo episodio possiamo dire che il Vangelo continua ancor oggi, a vent'anni di distanza: gli stessi cristiani infatti che allora, durante l'agonia di sangue di papa Pio hanno dormito nell'ignavia, non amano che ora si parli di quel miracolo. Intorno al quale ha finito col crearsi una sorta di congiura del silenzio, interrotta solo, di tanto in tanto, da qualche miscredente che lo ricorda per sghignazzarne.)

Vaticano II

da pag.1197
Intanto a Roma stava per avere inizio il Concilio Vaticano Secondo. A quell'epoca la chiesa - grazie sopratutto all'azione dei passati pontefici - era simile a una città perfettamente difesa e in ordine: proprio questo però faceva sì che la sua voce e il suo insegnamento non arrivassero alla gente uscita dalle sue mura nei tempi andati. Al lodevole fine di non estraniarsi di più tale gente, e anzi per ristabilire un colloquio con essa, gli attuali pastori sembravano intenzionati a fare (nei limiti del possibile, e perfino - si aveva a momenti l'impressione - al di là di tali limiti) lo stesso discorso di quella gente. Che finiva ovviamente col non essere più il discorso di Michele, né di tutti gli altri serbatisi fedeli nel corso dei secoli.

da pag.1204 (i Marsavi sono anch'essi una famiglia di industriali della Brianza, amici della famiglia Riva)

preti operai
Gerardo annuì pensoso: « È una vera vergogna quel parroco » disse.
« II parroco? » domandò meravigliato padre Rodolfo: « Cosa vuoi dire? »
« L'attuale parroco di Visate » gli spiegò Ambrogio per il padre.
« È uno di quei preti nuovo stile che... Per quanto riguarda gli operai, i guai più seri ai Marsavi glieli procura lui: pensa, è arrivato a dire in una predica che se non sono pagati come si deve, gli operai
hanno il diritto di rubare, perché non sarebbe più un rubare. Chi lo decide però se sono pagati o no come si deve? Io vedo che oggi hanno tutti quanti la macchina, e molti anche l'appartamento, e un
mucchio d'altre cose, »
« E loro, gli operai, come reagiscono? »
« Quelli anziani sono sempre a posto, continuano come prima,; ma tanti dei giovani sono un vero disastro » disse Ambrogio. « Non rubano, ma a volte guastano la roba. Anche perché le Acli e la Cisl (sai bene quanto contano qui in Brianza) fanno più o meno i discorsi balordi del parroco. » Tentennò la testa: « Io proprio non capisco cosa gli ha preso ai nostri sindacalisti: dopo il Concilio, lasciati liberi di scegliersi la strada, non hanno saputo far altro che accodarsi ai rossi, e non gl'importo se così smentiscono tutto quello che han detto e fatto prima. Trattare con loro, con quelli della Cisl voglio dire, oggi per noi è diventato anche peggio che trattare coi rossi. Lo sto sperimentando io in questi giorni, che sono cominciate le trattative

Pio XII
da pag.1255-56
Gli tornarono in mente i grandi anni dì Pio XII: come avevano potuto, in seguito, i cattolici sbandarsi fino a questo punto? A fin di bene, s'intende, per andare il più possibile incontro agli erranti, per farsi lievito nell'intera massa, su questo non esistevano dubbi. C'era un'altra scusante: nel suo cammino storico la chiesa non s'imbatte soltanto nel bene e nel male, ma anche nella stupidità umana: bastava pensare alle tragiche defezioni da essa subite - anche a livello popolare - per la sua pur giusta lotta agli errori della rivoluzione francese. In certi periodi l'ottusità, della gente si fa talmente invincibile che determinate lotte, anche se giuste, è meglio evitarle, per non estraniarsi da troppi. Michele nel suo intimo avvertiva che forse, alla fine, le attuali sciocchezze e inadempienze avrebbero potuto – nelle mani di Dio - non riuscire negative. Beh, tutto quello che si vuole, però le sciocchezze non cessano di essere sciocchezze. Eccolo qui, per ora, il risultato degli indirizzi di Maritain e Mounier e degli altri che avevano aperto a comunisti e modernisti: eccolo il bell'esito. Ricordò come da principio egli si fosse opposto con tutte le forze ai nuovi indirizzi; in seguito - dopo il Concilio - avendo la sensazione d'andar contro una scelta deliberata dei pastori, si era (e non lui solo) tirato in disparte. Non aveva pubblicato quasi più, seguitando però a scrivere «per dopo il diluvio », come malinconicamente usava dire. Tra l'altro aveva messo mano a una grande opera narrativa che compendiasse l'esperienza della sua generazione « per quelli che, domani, dovranno pur accingersi a ricostruire. » Intanto anno dopo anno le notizie provenienti dall'est avevano sempre più confermata la giustezza delle sue analisi di partenza; adesso si sapeva che le vittime fatte dal comunismo in Unione- Sovietica assommavano a molte decine di milioni: secondo le statistiche di Curganov-Solgenìtsin addirittura a sessantasei milioni, e senza il minimo 'salto di qualità' nella vita della gente. Altro che una società nuova, più giusta e felice... Sessantasei milioni d'esseri umani sacrificati nell'inane tentativo di cambiare la coscienza e la natura dell'uomo. In Cina le vittime erano ancor più numerose, anche se finora non esistevano statistiche al riguardo: c'era però quel terrificante computo di Walker per incarico del senato americano (da trentaquattro a sessantaquattro milioni di vittime fino al 1970), e - ultimamente - c'erano le valutazioni di certi specialisti di demografia parigini, che segnalavano l'assenza nei compendi statistici cinesi di centocinquanta milioni d'esseri umani... E in Indocina?
La vittoria dei comunisti era soltanto questione di mesi: ad onta delle attese beate di tutti i plagiati, molti dei quali scendevano di continuo nelle strade a manifestare per la 'libertà' dei popoli indocinesi, quante sarebbero state anche là le vittime? Quanti altri milioni e milioni?
Mai, assolutamente mai, .nell'intero corso -della storia si era assistito a un fenomeno tanto omicida, e in pari tempo tanto menzognero: perché mentre uccideva un cosi inconcepibile numero d'esseri umani, il comunismo seguitava a presentarsi come riscattatore dell'uomo.
(Ciò gli era possibile sopratutto per l'appoggio costante che gli veniva da gran parte della cultura 'laica' padrona dei mass media, la quale, sebbene sia anti totalitaria, ha diversi antenati in comune col marxismo. Dobbiamo anzi dire che senza lo strenuo impegno di tanti campioni dell' 'illuminismo' democratico per coprire – naturalmente 'a fin di bene' - prima le stragi di Lenin e Stalin, poi quelle di Mao, infine ciò che stava ora realmente accadendo in" Indocina, ai comunisti non sarebbe stato possibile compiere ecatombi così immani, né ridurre un così sterminato numero d'esseri umani in schiavitù.)

“… rimandi filosofici, morali, etici e storici che costellano l'opera, attraverso non solo il pensiero della gran parte dei protagonisti del romanzo ma, spesso, attraverso il pensiero diretto dell'autore, la cui voce fuori campo, a mio giudizio, annichilisce la prosa e la genuinità del racconto.”

alla prossima

Umberto De Pace

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  9 ottobre 2010